Il cambiamento climatico in Italia

Le sensazioni che abbiamo anno per anno del cambiamento del clima non sono ovviamente attendibili: da che mondo è mondo il clima dell’anno in corso ci è sempre sembrato peggiore di quello degli anni precedenti.

Duemila anni fa l’agronomo romano Columella  scriveva :“ Sento spesso  uomini anche importanti di Roma lagnarsi, chi della sterilità dei campi, chi dell’intemperie dell’aria, nociva alle biade da lungo tempo in qua… Quanto a me, Publio Silvino, tengo tutte queste affermazioni per lontanissime dalla verità”.

Però adesso abbiamo le stazioni metereologiche e pluviometriche che ci permettono di anno in anno di osservare in maniera obbiettiva le variazioni sia delle precipitazioni che della temperatura. L’Istat afferma che considerando gli anni dal 2000 al 2009, si osserva un aumento medio della temperatura di 0,8 °C rispetto alla media degli anni 1970 -2000. Tale aumento si accompagna anche ad una certa maggiore variabilità: l’anno 2003 è stato il più caldo degli ultimi 10 anni, sopratutto a causa di forti picchi della temperatura massima.   Al contrario il 2005 è stato l’anno più freddo con uno scostamento di 0.9 °C rispetto alla media di riferimento.

Un altro fenomeno preoccupante  è la diminuzione della piovosità.  La media italiana è di 763 mm di acqua ogni anno. Negli anni dal 2000 al 2009  la piovosità media è diminuita di 30 mm rispetto al trentennio precedente.    La cosa grave è però la forte oscillazione nella piovosità: si sono alternati anni di forte piovosità con anni di siccità.  Il fenomeno non è limitato alla sola Italia. Ecco un grafico dell’andamento della temperatura in Europa dal 1665 ai giorni nostri:

Il grafico, dal 1665 al 1850 ha un valore relativo: la temperatura veniva misurata con metodi molto più empirici degli attuali. Però esprime bene una tendenza: abbiamo intorno al 1700 un minimo di temperatura che corrisponde all’instaurarsi della “Piccola glaciazione”. Poi abbiamo un andamento in lieve discesa fino a che, nel 1988, vediamo un rapido a drastico aumento della temperatura, che è molto difficile non attribuire all’aumento eccezionale del numero di uomini ed al conseguente aumento dei combustibili bruciati.

Comunque è chiaro che a noi, uomini comuni, un aumento di 0,8 °C in 30 anni, non sembra affatto importante. Però vi è un altro elemento che contribuisce a farci capire che sicuramente il clima italiano sta aumentando: lo scioglimento dei ghiacciai.        La fine della Piccola Glaciazione è stimato intorno al 1850.   Da quella data i ghiacciai hanno cominciato a ritirarsi, salvo due piccole fasi di avanzata negli anni 20 e negli anni 70 del 1900.   A partire dagli anni ’80 del secolo scorso però lo scioglimento dei ghiacci ha subito una brusca accellerazzione.      Di seguito facciamo vedere due foto del ghiacciaio dei Forni, il maggior ghiacciaio lombardo. La prima presa nel 1890 e la seconda nel 2014: dove vi era il ghiacciaio adesso vi sono pascoli e pinete.

La scomparsa dei ghiacciai è per noi italiani catastrofica.  I ghiacciai, anche se non ce ne rendiamo conto, sono per il Nord Italia la maggiore riserva di acqua. Negli anni piovosi le precipitazioni si accumulano nei ghiacciai sotto forma di neve e di ghiaccio.  Neve e ghiaccio che si sciolgono parzialmente negli anni  di siccità e che permettono di compensare la mancanza di acqua. La pianura padana ha bisogno di moltissima acqua non solo perché è densamente popolata, ma anche perché la sua agricoltura, che è la più ricca di Italia, ha bisogno di una forte irrigazione.   Il Nord Italia subisce anche un altro fenomeno. Da parecchi anni la pioggerellina di marzo è scomparsa e Aprile non è più il mese di “tutti i giorni un barile”.  Questo perché le precipitazioni che venivano dall’Atlantico,  che erano continue e persistenti e che portavano molta acqua, sono state sostituite da precipitazioni che vengono dal Nord e dal Nord Est . Quelle che generano la famosa bora.   Ma le Alpi formano un formidabile ostacolo alle precipitazioni da Nord, che vanno quindi a scaricarsi sul Centro – Sud, lasciando a secco il Nord.

Questo porterà ad una parziale desertificazione della pianura padana ?  Non lo sappiamo.

Però è certo che uno dei maggiori  obbiettivi dell’immediato è la costruzione di diffusi e grandi bacini che permettano di compensare la mancanza di riserva di acqua che la scomparsa dei ghiacciai  provocherà.      Uno sforzo immane per l’Italia,  paragonabile a quella che è stata la costruzione della rete ferroviaria .     Sforzo che richiede una strategia a lungo termine ed una capacità intellettuale e morale ben lontana da quella espressa dagli  inefficienti  governi di questi ultimi 40 anni.